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Scissione: il punto di vista di un filosofo sulla separazione lavoro/vita domestica

Scissione: il punto di vista di un filosofo sulla separazione lavoro/vita domestica

In questi giorni mi è capitato di vedere le prime puntate di ‘
Scissione’ (Severance), la serie di fantascienza in onda su Apple TV. Nella serie si affronta in modo piuttosto drastico la questione dell’equilibrio vita/lavoro: i dipendenti che lavorano per una società immaginaria possono sottoporsi a una procedura di impianto di una sorta di chip per cui la loro coscienza e i loro ricordi sono divisi tra lavoro e casa. Quando sono entro il perimetro dei loro uffici non ricordano nulla della loro vita domestica, al contrario quando sono all’esterno non ricordano nulla di ciò che fanno né di chi incontrano al lavoro. Nessun rischio di portare a casa i problemi del lavoro né di essere distratti dalle preoccupazioni domestiche nell’orario di lavoro. Infatti, il protagonista principale all’inizio decide di sottoporsi alla ‘scissione’ per annullare il dolore per la perdita della moglie almeno dalle 9 alle 17.

La tempestività di Scissione è notevole: dopo due anni di pandemia in tanti stanno rivedendo il loro rapporto con il lavoro e il suo bilanciamento con la propria vita domestica. Per molti negli ultimi due anni ‘andare al lavoro’ ha significato spostarsi nella camera degli ospiti o su un tavolo in sala trasformato in stazione di lavoro. Per questi separare lavoro/vita è fondamentale. Per altri riprendere il lavoro in presenza ha significato accorgersi del tempo investito in spostamenti e attese per andare al lavoro sottraendolo alla vita domestica, tanto che sta sempre più consolidandosi in tutto il mondo il flexwork: tre giorni alla settimana in ufficio, due lavorando da remoto e due di riposo. Per tutti ha significato rendersi conto di quanto il lavoro sia diventato pervasivo di ogni momento. Nei momenti di lockdown più duro della primavera del 2020 i giorni sembravano tutti uguali e, dal momento che non c’era nulla da fare, molti si sono ritrovati a lavorare la domenica e nei giorni festivi, ‘almeno passo il tempo’. In questo modo i confini tra vita domestica e lavoro si sono allentati ancora di più a tutto ‘vantaggio’ del lavoro con mail, messaggi whatsapp e call a tutte le ore di tutti i giorni. Ma se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che sopravvivere a tempi incerti spesso richiede di tornare alle origini: alle persone e i valori essenziali senza i quali non possiamo vivere. Ecco perché oggi è più che mai attuale la domanda: come faccio a mettere un confine tra lavoro e vita domestica per evitare che il primo eroda il secondo? [1]

La risposta ipotizzata in Scissione è radicale: due vite indipendenti che non si ‘disturbano’ a vicenda. L’idea della separazione diventa rapidamente inquietante quando ci si rende conto che isolando i ricordi della vita lavorativa di qualcuno, viene creata una nuova persona, nella fiction chiamata ‘interno’, che vive solo per lavorare e che tutto può sopportare sul luogo di lavoro perché non influenza la vita del suo ‘esterno’.

Sebbene una simile tecnologia non esista al momento, almeno che io sappia, e che la maggior parte di noi non si sottoporrebbe a una procedura del genere, la serie pone una profonda domanda filosofica: possono esistere due ‘io’ separati in un unico corpo biologico che porterebbe comunque su si sé le tracce di entrambi (ferite, fatiche, malattie ecc.)? C’è una lunga tradizione filosofica che afferma che ‘io’ sono la somma totale delle mie esperienze, pensieri, desideri ed emozioni che ricordo e che la mia ‘vita’ è la storia narrata da questi ricordi che si uniscono tra loro. John Locke, ad esempio, nel Libro II, capitolo 27, del Trattato sull’Intelletto Umano, descrive una teoria dell’identità personale basata sulla coscienza e sulla memoria:
“la coscienza accompagna sempre il pensiero, ed è questo che fa sì che ognuno sia ciò che lui chiama sé […] in questo solo consiste l'Identità personale, cioè l'identità dell'Essere razionale: e nella misura in cui questa coscienza può essere estesa a ritroso a qualsiasi Azione o Pensiero passato, fino a raggiungere l'Identità di quella Persona.” [2]
In altre parole, io sono ciò di cui sono cosciente e solo ciò che ricordo di aver fatto è stato fatto da ‘io’. Il caso della separazione letterale dalla vita lavorativa ipotizzato da Scissione è interessante proprio perché il processo crea una nuova persona – ‘l’interno’ quello che vive solo sul luogo di lavoro - una persona che nasce, ovvero inizia ad essere cosciente, solo quando la procedura di separazione è terminata. Dal momento che quella nuova persona ricorda solo di essere cosciente al lavoro, quella persona esiste solo al lavoro. Questa sembra anche la ragione per cui i personaggi della fiction scelgono di sottoporsi alla procedura dalla scissione: separandomi dalla mia vita lavorativa, posso evitare che lo stress del lavoro si diffonda nel resto della mia vita. E viceversa: in fondo quanti imprenditori, manager o aspiranti tali si fanno un vanto di ‘non avere una vita privata’!

La posizione di Locke ha suscitato fin dall’inizio non pochi dubbi. Ad esempio, il filosofo scozzese del 18° secolo Thomas Reid si oppose a questo punto di vista con quello che è diventato noto come l’esempio del ‘coraggioso ufficiale’: un ragazzino viene frustato per aver rubato una mela; in seguito, da giovane ufficiale, ricorda la fustigazione; più tardi ancora, da vecchio generale, ricorda di aver agito coraggiosamente da giovane ufficiale ma non ricorda di essere stato frustato da ragazzo. Secondo la teoria di Locke, afferma Reid , il giovane ufficiale è la stessa persona del ragazzino e il vecchio generale è la stessa persona del giovane ufficiale, ma il vecchio generale non è la stessa persona del ragazzino: una contraddizione. Un altro filosofo inglese sempre del 18° secolo, Joseph Butler, ha sollevato un'altra obiezione: la teoria di Locke è circolare, perché la nozione di memoria che impiega presuppone la nozione di identità personale. Una ‘soluzione’ al problema fu introdotta da Paul Grice nel ‘900 con il concetto di ‘totalità degli stati temporali’, ovvero l’insieme di tutti i ricordi del nostro passato. In tale insieme di ricordi, ognuno di essi è legato a quelli precedenti e a quelli successivi secondo l’ordine cronologico. Secondo Grice, non è assolutamente necessario che un individuo si ricordi di ognuno di essi per mantenere la propria identità personale, ma è sufficiente che abbia il ricordo di almeno uno di essi, che sia logicamente unito a tutti gli altri, anche a quelli di cui ci siamo scordati. Il generale non si ricorda più di cosa gli è accaduto da ragazzino ma solo di essere stato un giovane ufficiale coraggioso. Però, poiché quando era ‘giovane ufficiale’ si ricordava di essere stato ‘ragazzino’ e che ora da ‘generale’ ricorda il ‘giovane ufficiale’, questo è sufficiente per mantenere una linea di continuità tra il ‘ragazzino’ e il ‘generale’, anche se non vi è più una relazione diretta tra i due stati mentali.


In fondo però le persone generalmente sono già persone diverse al lavoro e a casa, anche senza operazione di scissione e spesso cercano di non portare (o meglio, non far trasparire) difficoltà e sofferenze di un ‘mondo’ nell’altro. L’ ambiente di lavoro modella chi è al suo interno con un meccanismo molto simile a quello dell’evoluzione: selezionando, premiando, i comportamenti più adatti a tali ambienti. (Tra l’altro in Scissione c’è una divertente parodia dei premi e degli incentivi). Per circa 40 ore a settimana, modella la tua gestione del tempo, il tuo senso dell'umorismo, il modo in cui socializzi e con chi e il tuo codice di condotta generale. Per circa 40 ore a settimana, per necessità, non sei del tutto te stesso, è vero. Però mentre il tuo io sul lavoro si trova spesso a dover superare difficoltà mai incontrate prima (problemi nuovi e complessi) il tuo io nella vita domestica ha già vinto molte delle sue sfide: ha superato i traumi dell’adolescenza, forse qualche malattia, ha raggiunto i suoi obiettivi di studio e così via. È vero naturalmente anche il contrario, che successi raggiunti sul lavoro possono sostenere nelle difficoltà della vita quotidiana. In altre parole, sì siamo persone diverse al lavoro e a casa, ma siamo persone migliori perché entrambe le ‘parti’ dialogano tra di loro.

Nella fiction ciò che determina che Mark Scout (il personaggio principale) sia la stessa persona sia quando è ‘interno’ che quando è ‘esterno’ è la relazione con altre persone, per così dire estranee alla sua scissione di personalità, ovvero gli spettatori e i colleghi non scissi che operano nella sua stessa azienda e che incontra anche fuori dal lavoro pur non riconoscendoli. Questo richiama ciò che il filosofo inglese Derek Parfit sostiene nella sua opera On What Matters, ossia che dovremmo spostarci dalla centralità dell’identità personale, dalla riflessione sull’io a quella sulla relazione. [3]

Man mano che la storia di Scissione si svolge, i protagonisti tentano sempre di più di superare il distanziamento forzato tra i propri sé e forse questo è il messaggio veramente importante: invece che cercare un bilanciamento forzato tra vita e lavoro tenendoli ben separati forse dovremmo cercare di far comunicare meglio le diverse parti della nostra vita. L'obiettivo è diventare una persona per la quale il tutto è maggiore della somma delle sue parti. Ridurre il proprio impegno sul lavoro per occuparsi di una questione sanitaria urgente ti renderà un capo o un dipendente migliore a lungo termine perché avrà sviluppato le tue capacità empatiche e di gestione delle emergenze, ad esempio. Al contrario dei protagonisti di Scissione che sono costretti a tenere ben nascosti all’azienda le proprie preoccupazioni, la soluzione è una comunicazione chiara ed efficace con le persone che più sono coinvolte. Per tornare all’esempio di prima, comunicare all’azienda e ai colleghi dicendo: "Devo concentrarmi sulla mia salute per il prossimo mese e non sarò in grado di fare gli straordinari”. Affinché questo avvenga da una parte ci deve essere la volontà dell’individuo e dall’altra un ambiente che favorisca, selezionandola come positiva, questa chiarezza di comunicazione. Come siete messi da questo punto di vista nella vostra organizzazione?

“La mia vita sembrava un tunnel di vetro, attraverso il quale mi muovevo più velocemente ogni anno, e alla fine del quale c'era l'oscurità” [4] scrive Derek Parfit, che poi prosegue: “Quando ho cambiato idea, le pareti del mio tunnel di vetro sono scomparse. Adesso vivo all'aria aperta. C'è ancora una differenza tra la mia vita e la vita di altre persone. Ma la differenza è minore. Altre persone sono più vicine. Sono meno preoccupato per il resto della mia vita e più preoccupato per la vita degli altri.”



[1] Tralascio qui, perché allungherebbero troppo questo articolo, alcuni temi importanti come la necessità per molti di fare più lavori per mettere assieme un reddito adeguato o il peso maggiore che grava sulle donne alle quali oltre alla necessità e al desiderio di concorre al reddito si aggiungono quasi sempre le incombenze della cura parentale.
[2] JOHN LOCKE, Saggio sull’intelletto umano, II, 27.9
[3] DEREK PARFIT, On What Matters, 3 voll., Oxford University Press, Oxford 2011-2017
[4] DEREK PARFIT, Reasons and Persons, Oxford University Press, Oxford1987, p. 281.