La laurea in Filosofia è inutile?
02/02/19 01:06 Archiviato in: Filosofia generale
La laurea in Filosofia è inutile?
La Laurea in Filosofia fa trovare facilmente lavoro? No. La Filosofia è importante nel Terzo Millennio? Sì, molto.
Ogni tanto, come i ritorni della moda, si riaccende il dibattito sulle ‘lauree inutili’. L’argomento è più o meno sempre d’attualità da quando, nel 2016, l’ISTAT pubblicò uno studio sugli sbocchi occupazionali di laureati e diplomati (1) nel quale evidenziava, a p. 14, che sono “Più svantaggiati i laureati nei gruppi letterario e politico-sociale”. Da qui un ininterrotto dibattito condotto più che altro con spirito da tifo calcistico su quale indirizzo di studi è meglio prendere per trovare un lavoro (soddisfacente e ben retribuito). Poiché il tema mi tocca molto sia per formazione e passione, sono laureato in Filosofia, che per professione, occupandomi da qualche decennio di ricerca e selezione del personale, anch’io dirò la mia. Ma poiché la mia formazione di filosofo analitico mi fa diffidare delle grandi domande cosmiche, preferisco spezzare la questione in una serie di sotto-domande. Spesso infatti si usa una argomentazione relativa ad una sotto-questione – ad esempio l’arroganza antiscientifica dei sostenitori della cultura classica – per sostenere la scarsa utilità della laurea in Lettere antiche. Cercando di evitare questa trappola analizzerò separatamente le diverse parti della questione.
Oggi inizierò da: Utilità della Laurea vs Utilità della materia.
Scegliere il corso di studi (e l’Università da frequentare) è una delle decisioni che più impattano sul futuro di un ragazzo e uno degli investimenti più onerosi (e che perciò andrebbero più attentamente pianificati) delle famiglie. Se l’obiettivo è quello di entrare dalla porta principale nel mondo del lavoro e prepararsi per una professione che ti permetta in poco tempo di trovare un impiego, la risposta non può che essere: analizzare le tendenze del mercato del lavoro e scegliere i corsi di laurea che ti preparino per lavori che, probabilmente, saranno richiesti da qui a 5-6 anni. Quasi certamente la scelta cadrà su una qualche branca di ingegneria o informatica, in particolare legata alla sicurezza. Una laurea in Lettere con specializzazione in Epigrafia Latina non risponderebbe infatti a questi requisiti. Sto evidentemente descrivendo la situazione di uno studente standard ipotetico, non mi riferisco a quell’unico studente che, grazie ai buoni agganci della famiglia, una volta laureato è pressoché sicuro di essere assunto al Museo Archeologico Comunale. Ma in Italia possiamo permetterci il lusso di non avere esperti in Epigrafia vista la quantità di steli presenti pressoché ovunque?
Prendiamo ora il caso che mi interessa: la laurea in Filosofia. Scusatemi, continuerò a chiamarla così. A mio parere ‘Scienze Filosofiche’ è orribile.
Secondo i dati ricavati da Almalaurea e pubblicati il 16 agosto 2018 da Infodata de Il Sole 24ore (2) a tre anni dalla laurea lavora il 76% dei laureati in Filosofia, con uno stipendio medio di 1.091 €. Per confronto il 100% dei laureati in discipline attinenti alla sicurezza informatica lavora dopo tre anni con uno stipendio medio di poco superiore ai 1.800 €. I dati lasciano poco spazio alla interpretazione: se voglio essere sicuro di trovare un lavoro dopo la laurea, Filosofia non è la scelta migliore. E se comunque la scelgo devo essere consapevole che una delle prevedibili conseguenze della mia scelta sarà o la sottooccupazione o un lungo calvario o l’autoimprenditorialità mettendo a frutto autonomamente le mie capacità. Quindi per rispondere alla domanda iniziale, la laurea in Filosofia è una buona scelta per trovare lavoro, la risposta è: no
.
Questo perché la Filosofia nel Terzo Millennio è diventata inutile? La risposta è: no, anche in questo caso.
Certo, Stephen Hawking e Leonard Mlodinow ne hanno decretato la morte nel loro libro Il grande disegno: “quasi tutti alle volte ci chiediamo: perché siamo qui? Da dove veniamo? Tradizionalmente, queste sono domande per la filosofia, ma la filosofia è morta. I filosofi non sono stati al passo con i moderni sviluppi della scienza. In particolar modo la fisica. Gli scienziati sono diventati i portatori della torcia della scoperta nella nostra ricerca di conoscenza.” (3)
Probabilmente Hawking ha in mente domande cosmologiche, i tentativi metafisici di spiegare il problema delle origini ultime. Se quello che Hawking e Mlodinow voglion dire è che i metafisici che vogliono occuparsi di questioni cosmologiche non sono scientificamente abbastanza esperti per dare un contributo utile, sono a mio parere nel giusto. Però, come osservano Stenger, Lindsay e Boghossian (4) “anche se gli importanti fisici che abbiamo citato, e gli altri che stanno dalla stessa parte, hanno ragione quando disdegnano la metafisica cosmologica, sono completamente in errore se pensano di aver divorziato del tutto dalla filosofia. In primo luogo, come già sottolineato, chi sostiene la realtà degli oggetti matematici dei propri modelli si sta trastullando con la metafisica platonista, che lo sappia o no. In secondo luogo, chi non ha adottato un punto di vista platonista applica comunque la riflessione epistemologica quando afferma che l'osservazione è la nostra unica fonte di conoscenza. […] Tutti gli illustri critici della filosofia di cui abbiamo discusso le opinioni riflettono molto profondamente sulla fonte della conoscenza umana. Cioè, sono tutti epistemologi. Ciò che possiamo dire è che ne sanno di scienza più (della maggior parte) dei filosofi di professione e che si basano sulle osservazioni e sugli esperimenti più che sul puro pensiero, ma non che non stanno filosofando. Di sicuro, quindi, la filosofia non è morta.”
Grazie, mi avete tolto un pensiero.
Purtroppo, il pregiudizio anti-filosofico è assai diffuso, anche nel pubblico di gente colta e generalmente ben istruita. Forse perché un po’ di Filosofia l’hanno masticata in tanti e mentre per quanto riguarda le hard science ‘sanno di non sapere’, la Filosofia viene trattata con più confidenza. Dai ricordi scolastici, o anche da essi, viene ad esempio la diffusa convinzione che non vi è progresso nel pensiero filosofico. Secondo questa visione la Filosofia non ha i mezzi per rispondere ai problemi, sta solo aspettando che gli scienziati arrivino sulla scena. In fondo Platone aveva già detto tutto, no? In realtà vi sono molti progressi filosofici, però è un progresso che è molto difficile da vedere. È molto difficile da vedere perché non lo osserviamo ma vediamo attraverso di esso. Incorporiamo il progresso filosofico nel nostro modo di vedere il mondo. Diamo molto per scontato. Per noi sono ovvie, ad esempio, certe assunzioni etiche sull'individuo: concetti come classe, genere, credo religioso o etnia non hanno importanza nella misura in cui i diritti individuali progrediscono. Per Platone non era certo così. Ne La Repubblica ad esempio si legge: “«Quindi è giusto non possiedano schiavi greci e non consiglino agli altri Greci di possederne?» «Precisamente», disse. «Così potranno piuttosto volgersi contro i barbari [i non greci] e risparmiare se stessi». (5)
I progressi della Filosofia sono come i vaccini, vittime del loro successo (6). Di solito sono argomenti filosofici che introducono per la prima volta l'idea che abbiamo bisogno di estendere i diritti dell’individuo. Dalle idee nascono movimenti e azioni fino a innescare il vero cambiamento sociale. Inizia con un dibattito filosofico, ma poi una volta che il cambiamento sociale è avvenuto, le tracce del lavoro filosofico vengono cancellate perché diventano intuitivamente ovvie. Gli argomenti contro la schiavitù, contro le punizioni crudeli e inusuali, contro le guerre ingiuste, contro lo sfruttamento dei bambini, tutti hanno preso il via da discussioni filosofiche.
Vi è anche un altro senso nel quale la filosofia non solo non è morta ma riacquista importanza proprio là dove sembra essere maggiormente lontana: nelle tecnologie informatiche e in particolare nell’AI. Lo sviluppo esponenziale delle tecnologie, e il confronto a livello globale, non più locale, ci obbliga ad affrontare continuamente situazioni per le quali non possiamo essere completamente preparati perché si trovano in terreni incogniti, dei quali non abbiamo esperienza. Per la prima volta nella storia umana, ora trasferiamo l’autorità alla nostra tecnologia, più precisamente agli algoritmi. Non si tratta più, solo, di supporti efficienti alle nostre decisioni ma sistemi complessi di valori e credenze che prenderanno autonomamente decisioni con conseguenze e perciò eticamente rilevanti. Un esempio su tutti: le self-driving car. (7)
Un tempo relegato nelle profondità di monotone riviste di filosofia, il problema del carrello (8) sta rapidamente diventando popolare e se ne legge un po’ ovunque proprio grazie al dibattito sulle self-driving car. Il dilemma si concentra su come un'auto dovrebbe comportarsi di fronte alle opzioni in una collisione inevitabile. Nel caso semplice, si consideri un pedone che improvvisamente sbuca di fronte a un veicolo in avvicinamento, come dovrà essere programmata l’auto? Per sterzare contro il muro (e uccidere l'autista) o andare avanti (e uccidere il pedone)? Questa è una classica ‘questione’ filosofica che le nuove tecnologie hanno tirato fuori dalle stanze degli studiosi e gettata nella quotidianità attuale. Che la società sia pronta o meno la tecnologia sta avanzando e il momento di cercare chiarezza su questi temi etici è ora. E questo è lavoro da filosofi. Non da eruditi conoscitori di storia della filosofia, ma da filosofi attivi, impegnati ad adottare il metodo filosofico nell’affrontare i problemi.
Se ne sono sicuramente resi conto nella Silicon Valley, prima fra tutti Google, dove hanno iniziato ad assumere filosofi o utilizzare i servizi di filosofi come consulenti. Tanto che accanto al CFO (Chef Financial Officer, Direttore finanziario) stanno comparendo i CPO (Chief Philosophy Officer). Compito di questi filosofi è dialogare, e argomentare, con le altre figure chiave aziendali, solitamente con una formazione STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), per allargare gli orizzonti e imparare a convivere con l’incertezza, anzi trasformarla in opportunità. Le aziende finora hanno cercato consulenti che, grazie alla loro esperienza, dessero le risposte che l’azienda stessa non aveva ancora trovato. I cambiamenti sono ora così repentini e complessi che quello che si è imparato ieri forse già oggi è superato e sicuramente lo sarà domani. Questo è l’ambiente ideale per il filosofo. La Filosofia persegue domande piuttosto che risposte. La responsabilità della Filosofia non è tanto rispondere alle nostre domande, ma mettere in discussione le risposte date.
La Filosofia non è una ricetta da applicare, o un precetto da seguire. Potrai leggere tutte le volte che vorrai La Repubblica di Platone ma non diventerai per questo un buon cittadino e d’improvviso non scompare la ‘questione morale’ se si studia Kant. Quindi, cosa fa la filosofia? Investigare a fondo il concetto di moralità o democrazia, ad esempio, stimola a cercare, ad andare oltre i confini della conoscenza prevalente. Questa è l'essenza della disciplina della filosofia: non insegna cosa pensare, ma come pensare.
E questo è proprio quello che serve al fine di navigare con successo in un mondo, non solo degli affari, incerto, volatile e sempre più complesso. Un approccio filosofico, un disciplinato pensiero critico, ci spinge a prendere con maggior consapevolezza decisioni dai connotati etici, ad essere cittadini più aperti e creativi, anche sul lavoro, e… rende la vita molto più interessante.
Questo non significa ora iscriversi in massa a Filosofia per diventare filosofi professionisti. Sinceramente il mercato non può assorbire tante persone, ne servono poche ma molto ben preparate. Al riguardo mi fa molto riflettere una recente dichiarazione di Mark Cuban, milionario americano, nonché proprietario nel NBA dei Dallas Mavericks: «Farò una previsione» - ha detto nel corso di un’intervista rilasciata alla TV ABC - «tra dieci anni la laurea in filosofia varrà molto di più di una laurea in informatica». (9)
Note
La Laurea in Filosofia fa trovare facilmente lavoro? No. La Filosofia è importante nel Terzo Millennio? Sì, molto.
Ogni tanto, come i ritorni della moda, si riaccende il dibattito sulle ‘lauree inutili’. L’argomento è più o meno sempre d’attualità da quando, nel 2016, l’ISTAT pubblicò uno studio sugli sbocchi occupazionali di laureati e diplomati (1) nel quale evidenziava, a p. 14, che sono “Più svantaggiati i laureati nei gruppi letterario e politico-sociale”. Da qui un ininterrotto dibattito condotto più che altro con spirito da tifo calcistico su quale indirizzo di studi è meglio prendere per trovare un lavoro (soddisfacente e ben retribuito). Poiché il tema mi tocca molto sia per formazione e passione, sono laureato in Filosofia, che per professione, occupandomi da qualche decennio di ricerca e selezione del personale, anch’io dirò la mia. Ma poiché la mia formazione di filosofo analitico mi fa diffidare delle grandi domande cosmiche, preferisco spezzare la questione in una serie di sotto-domande. Spesso infatti si usa una argomentazione relativa ad una sotto-questione – ad esempio l’arroganza antiscientifica dei sostenitori della cultura classica – per sostenere la scarsa utilità della laurea in Lettere antiche. Cercando di evitare questa trappola analizzerò separatamente le diverse parti della questione.
Oggi inizierò da: Utilità della Laurea vs Utilità della materia.
Scegliere il corso di studi (e l’Università da frequentare) è una delle decisioni che più impattano sul futuro di un ragazzo e uno degli investimenti più onerosi (e che perciò andrebbero più attentamente pianificati) delle famiglie. Se l’obiettivo è quello di entrare dalla porta principale nel mondo del lavoro e prepararsi per una professione che ti permetta in poco tempo di trovare un impiego, la risposta non può che essere: analizzare le tendenze del mercato del lavoro e scegliere i corsi di laurea che ti preparino per lavori che, probabilmente, saranno richiesti da qui a 5-6 anni. Quasi certamente la scelta cadrà su una qualche branca di ingegneria o informatica, in particolare legata alla sicurezza. Una laurea in Lettere con specializzazione in Epigrafia Latina non risponderebbe infatti a questi requisiti. Sto evidentemente descrivendo la situazione di uno studente standard ipotetico, non mi riferisco a quell’unico studente che, grazie ai buoni agganci della famiglia, una volta laureato è pressoché sicuro di essere assunto al Museo Archeologico Comunale. Ma in Italia possiamo permetterci il lusso di non avere esperti in Epigrafia vista la quantità di steli presenti pressoché ovunque?
Prendiamo ora il caso che mi interessa: la laurea in Filosofia. Scusatemi, continuerò a chiamarla così. A mio parere ‘Scienze Filosofiche’ è orribile.
Secondo i dati ricavati da Almalaurea e pubblicati il 16 agosto 2018 da Infodata de Il Sole 24ore (2) a tre anni dalla laurea lavora il 76% dei laureati in Filosofia, con uno stipendio medio di 1.091 €. Per confronto il 100% dei laureati in discipline attinenti alla sicurezza informatica lavora dopo tre anni con uno stipendio medio di poco superiore ai 1.800 €. I dati lasciano poco spazio alla interpretazione: se voglio essere sicuro di trovare un lavoro dopo la laurea, Filosofia non è la scelta migliore. E se comunque la scelgo devo essere consapevole che una delle prevedibili conseguenze della mia scelta sarà o la sottooccupazione o un lungo calvario o l’autoimprenditorialità mettendo a frutto autonomamente le mie capacità. Quindi per rispondere alla domanda iniziale, la laurea in Filosofia è una buona scelta per trovare lavoro, la risposta è: no
.
Questo perché la Filosofia nel Terzo Millennio è diventata inutile? La risposta è: no, anche in questo caso.
Certo, Stephen Hawking e Leonard Mlodinow ne hanno decretato la morte nel loro libro Il grande disegno: “quasi tutti alle volte ci chiediamo: perché siamo qui? Da dove veniamo? Tradizionalmente, queste sono domande per la filosofia, ma la filosofia è morta. I filosofi non sono stati al passo con i moderni sviluppi della scienza. In particolar modo la fisica. Gli scienziati sono diventati i portatori della torcia della scoperta nella nostra ricerca di conoscenza.” (3)
Probabilmente Hawking ha in mente domande cosmologiche, i tentativi metafisici di spiegare il problema delle origini ultime. Se quello che Hawking e Mlodinow voglion dire è che i metafisici che vogliono occuparsi di questioni cosmologiche non sono scientificamente abbastanza esperti per dare un contributo utile, sono a mio parere nel giusto. Però, come osservano Stenger, Lindsay e Boghossian (4) “anche se gli importanti fisici che abbiamo citato, e gli altri che stanno dalla stessa parte, hanno ragione quando disdegnano la metafisica cosmologica, sono completamente in errore se pensano di aver divorziato del tutto dalla filosofia. In primo luogo, come già sottolineato, chi sostiene la realtà degli oggetti matematici dei propri modelli si sta trastullando con la metafisica platonista, che lo sappia o no. In secondo luogo, chi non ha adottato un punto di vista platonista applica comunque la riflessione epistemologica quando afferma che l'osservazione è la nostra unica fonte di conoscenza. […] Tutti gli illustri critici della filosofia di cui abbiamo discusso le opinioni riflettono molto profondamente sulla fonte della conoscenza umana. Cioè, sono tutti epistemologi. Ciò che possiamo dire è che ne sanno di scienza più (della maggior parte) dei filosofi di professione e che si basano sulle osservazioni e sugli esperimenti più che sul puro pensiero, ma non che non stanno filosofando. Di sicuro, quindi, la filosofia non è morta.”
Grazie, mi avete tolto un pensiero.
Purtroppo, il pregiudizio anti-filosofico è assai diffuso, anche nel pubblico di gente colta e generalmente ben istruita. Forse perché un po’ di Filosofia l’hanno masticata in tanti e mentre per quanto riguarda le hard science ‘sanno di non sapere’, la Filosofia viene trattata con più confidenza. Dai ricordi scolastici, o anche da essi, viene ad esempio la diffusa convinzione che non vi è progresso nel pensiero filosofico. Secondo questa visione la Filosofia non ha i mezzi per rispondere ai problemi, sta solo aspettando che gli scienziati arrivino sulla scena. In fondo Platone aveva già detto tutto, no? In realtà vi sono molti progressi filosofici, però è un progresso che è molto difficile da vedere. È molto difficile da vedere perché non lo osserviamo ma vediamo attraverso di esso. Incorporiamo il progresso filosofico nel nostro modo di vedere il mondo. Diamo molto per scontato. Per noi sono ovvie, ad esempio, certe assunzioni etiche sull'individuo: concetti come classe, genere, credo religioso o etnia non hanno importanza nella misura in cui i diritti individuali progrediscono. Per Platone non era certo così. Ne La Repubblica ad esempio si legge: “«Quindi è giusto non possiedano schiavi greci e non consiglino agli altri Greci di possederne?» «Precisamente», disse. «Così potranno piuttosto volgersi contro i barbari [i non greci] e risparmiare se stessi». (5)
I progressi della Filosofia sono come i vaccini, vittime del loro successo (6). Di solito sono argomenti filosofici che introducono per la prima volta l'idea che abbiamo bisogno di estendere i diritti dell’individuo. Dalle idee nascono movimenti e azioni fino a innescare il vero cambiamento sociale. Inizia con un dibattito filosofico, ma poi una volta che il cambiamento sociale è avvenuto, le tracce del lavoro filosofico vengono cancellate perché diventano intuitivamente ovvie. Gli argomenti contro la schiavitù, contro le punizioni crudeli e inusuali, contro le guerre ingiuste, contro lo sfruttamento dei bambini, tutti hanno preso il via da discussioni filosofiche.
Vi è anche un altro senso nel quale la filosofia non solo non è morta ma riacquista importanza proprio là dove sembra essere maggiormente lontana: nelle tecnologie informatiche e in particolare nell’AI. Lo sviluppo esponenziale delle tecnologie, e il confronto a livello globale, non più locale, ci obbliga ad affrontare continuamente situazioni per le quali non possiamo essere completamente preparati perché si trovano in terreni incogniti, dei quali non abbiamo esperienza. Per la prima volta nella storia umana, ora trasferiamo l’autorità alla nostra tecnologia, più precisamente agli algoritmi. Non si tratta più, solo, di supporti efficienti alle nostre decisioni ma sistemi complessi di valori e credenze che prenderanno autonomamente decisioni con conseguenze e perciò eticamente rilevanti. Un esempio su tutti: le self-driving car. (7)
Un tempo relegato nelle profondità di monotone riviste di filosofia, il problema del carrello (8) sta rapidamente diventando popolare e se ne legge un po’ ovunque proprio grazie al dibattito sulle self-driving car. Il dilemma si concentra su come un'auto dovrebbe comportarsi di fronte alle opzioni in una collisione inevitabile. Nel caso semplice, si consideri un pedone che improvvisamente sbuca di fronte a un veicolo in avvicinamento, come dovrà essere programmata l’auto? Per sterzare contro il muro (e uccidere l'autista) o andare avanti (e uccidere il pedone)? Questa è una classica ‘questione’ filosofica che le nuove tecnologie hanno tirato fuori dalle stanze degli studiosi e gettata nella quotidianità attuale. Che la società sia pronta o meno la tecnologia sta avanzando e il momento di cercare chiarezza su questi temi etici è ora. E questo è lavoro da filosofi. Non da eruditi conoscitori di storia della filosofia, ma da filosofi attivi, impegnati ad adottare il metodo filosofico nell’affrontare i problemi.
Se ne sono sicuramente resi conto nella Silicon Valley, prima fra tutti Google, dove hanno iniziato ad assumere filosofi o utilizzare i servizi di filosofi come consulenti. Tanto che accanto al CFO (Chef Financial Officer, Direttore finanziario) stanno comparendo i CPO (Chief Philosophy Officer). Compito di questi filosofi è dialogare, e argomentare, con le altre figure chiave aziendali, solitamente con una formazione STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), per allargare gli orizzonti e imparare a convivere con l’incertezza, anzi trasformarla in opportunità. Le aziende finora hanno cercato consulenti che, grazie alla loro esperienza, dessero le risposte che l’azienda stessa non aveva ancora trovato. I cambiamenti sono ora così repentini e complessi che quello che si è imparato ieri forse già oggi è superato e sicuramente lo sarà domani. Questo è l’ambiente ideale per il filosofo. La Filosofia persegue domande piuttosto che risposte. La responsabilità della Filosofia non è tanto rispondere alle nostre domande, ma mettere in discussione le risposte date.
La Filosofia non è una ricetta da applicare, o un precetto da seguire. Potrai leggere tutte le volte che vorrai La Repubblica di Platone ma non diventerai per questo un buon cittadino e d’improvviso non scompare la ‘questione morale’ se si studia Kant. Quindi, cosa fa la filosofia? Investigare a fondo il concetto di moralità o democrazia, ad esempio, stimola a cercare, ad andare oltre i confini della conoscenza prevalente. Questa è l'essenza della disciplina della filosofia: non insegna cosa pensare, ma come pensare.
E questo è proprio quello che serve al fine di navigare con successo in un mondo, non solo degli affari, incerto, volatile e sempre più complesso. Un approccio filosofico, un disciplinato pensiero critico, ci spinge a prendere con maggior consapevolezza decisioni dai connotati etici, ad essere cittadini più aperti e creativi, anche sul lavoro, e… rende la vita molto più interessante.
Questo non significa ora iscriversi in massa a Filosofia per diventare filosofi professionisti. Sinceramente il mercato non può assorbire tante persone, ne servono poche ma molto ben preparate. Al riguardo mi fa molto riflettere una recente dichiarazione di Mark Cuban, milionario americano, nonché proprietario nel NBA dei Dallas Mavericks: «Farò una previsione» - ha detto nel corso di un’intervista rilasciata alla TV ABC - «tra dieci anni la laurea in filosofia varrà molto di più di una laurea in informatica». (9)
Note
- https://www.istat.it/it/files//2016/09/I-percorsi-di-studio-e-lavoro-dei-diplomati-e-laureati.pdf
- https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/08/16/laurea-universita-lavoro-si-guadagnera-piu/?
- Stephen Hawking e Leonard Mlodinow, Il grande disegno, Arnoldo Mondadori Editore, 2011
- Victor J. Stenger, James A. Lindsay e Peter Boghossian, Anche i fisici sono filosofi: il ruolo della filosofia nella fisica moderna, Le Scienze, 16 maggio 2015
- Platone, La Repubblica, Libro V
- "I vaccini sono vittime del loro stesso successo, fanno scomparire le malattie quindi le mamme pensano che non devono più far vaccinare i bambini ma non è così". Così all'AdnKronos Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Citato in affaritaliani.it, 23 novembre 2017
- “at the level of what is technologically possible today, and given the realities of heterogeneous and nonconnected road traffic, it will not be possible to prevent accidents completely. This makes it essential that decisions be taken when programming the software of conditionally and highly automated driving systems. The technological developments are forcing government and society to reflect on the emerging changes. The decision that has to be taken is whether the licensing of automated driving systems is ethically justifiable or possibly even imperative. […] At the fundamental level, it all comes down to the following questions. How much dependence on technologically complex systems – which in the future will be based on artificial intelligence, possibly with machine learning capabilities – are we willing to accept in order to achieve, in return, more safety, mobility and convenience?” Repubblica Federale di Germania, Federal Minister of Transport and Digital Infrastructure, Ethics Commission Automated and Connected Driving, Report June 2017, p.6
- Il problema del carrello ferroviario è un esperimento mentale di filosofia etica formulato nel 1967 da Philippa Foot in The Problem of Abortion and the Doctrine of the Double Effect, Oxford Review, No. 5, 1967. Nella versione originale, un autista di un tram conduce un veicolo impossibilitato a frenare e capace solo di cambiare rotaia tramite uno scambio, nei pressi del quale si trova una persona in grado di azionarlo. Sul binario percorso dal tram si trovano cinque persone legate e incapaci di muoversi e il tram è diretto verso di loro. Tra il tram e le persone legate si diparte un secondo binario parallelo, sul quale è presente una persona legata e impossibilitata a muoversi. La persona nei pressi dello scambio ha due sole opzioni: lasciare che il tram prosegua dritto la sua corsa, uccidendo le cinque persone, oppure azionare lo scambio e ucciderne una sola.
- https://www.cnbc.com/2018/02/20/mark-cuban-philosophy-degree-will-be-worth-more-than-computer-science.html